domenica 29 dicembre 2013

Haiku per la svolta dell'anno.

la barca rulla 
tra onde di destino
amante amato

In questi giorni dell’anno ho sempre trovato un po’ di tempo per fare il bilancio dell’anno appena trascorso, quasi sempre prendevo dei fogli bianchi e mi mettevo lì a buttare giù qualche riga con una grafia quasi illeggibile, tanto era un momento solo mio: non c’era bisogno o scopo che altri leggessero o comprendessero quello che rivelavo a me stessa.
Nel mio modo di vedere le cose, tutto assumeva la fisionomia di un problema. Vivevo immersa in un paesaggio di problemi: massi incombenti di catastrofi minacciate che avrei dovuto rimuovere per non soccombere; qualche percorso inutilmente impervio perché non mi crogiolassi nell’illusione che la vita potesse, ogni tanto, essere confortevole; emergenze che spuntavano improvvise qua e là giusto per continuare ad essere sempre vigile.
Io tiravo fuori tutte le mie abilità e, con la massima onestà possibile, tracciavo un piano per modificare le varie situazioni, per renderle più leggere, più semplici, meno scabrose. Ero pienamente motivata a migliorare le cose e mettevo tutto il mio impegno a delineare una strategia che potesse procedere tenendo conto di tempi, luoghi e risorse di vario genere.
Oggi non ho più voglia di fare bilanci, hanno perso il loro senso e il loro significato. Non vedo più la mia vita come una serie di prove o di problemi nei quali o per i quali è richiesto, più o meno implicitamente, il mio intervento. Le cose sono cambiate e si sono ulteriormente complicate, ma io oramai non pretendo di risolvere più nulla: ho scelto di assecondare la mia sensibilità troppo a lungo trascurata, ho scelto di amare e accogliere chi amo e ho scelto di essere più profondamente ancorata a ciò che sono e di esprimerlo con autenticità.
Spesso mi piace esprimerlo in versi, perché la poesia è uno dei modi in cui l’anima prende forma. Mi piacciono le parole, le linee, i tratti,  i colori e le onde che ci fanno incontrare, che ci parlano. Mi piace stare nell’Amore. E per questo non c’è bisogno di bilanci. 




sabato 21 dicembre 2013

Where Youth Grows Pale

Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies;
Where but to think is to be full of sorrow
(John Keats, Ode to a Nigthtingale)


Saprei molto sulla natura del dolore:

volti in disfacimento e membra consunte ad affinare ascesi 

e progressive intrusioni nelle anime e nei corpi 

e un annientamento dei confini a salvaguardia dell’io

riversato ora in stille che svuotano il mio dire e il mio pensare.

Saprei molto se fossi un altro io. 


Edward Hopper - Morning sun

Arvo Pärt - Fur Alina

domenica 15 dicembre 2013

Metafore di pietra


Genero metafore di pietra,
roccaforti a spigolo vivo,  oltre
strali di parole che trapassano
come lame taglienti i miei pensieri-
residui  di avidità-  prigionieri
di una cupa estranea accidia.  

Abito nella mia torre d’avorio,
fortezza eletta al mio sentire,  
solitudine arroccata dove lascio
aditi dischiusi ad intuire
destini di umanità contrassegnati
da composti tormenti di passioni.


Terracina , 17 agosto 2011
 
 

 Giovanni Francesco Barbieri detto "Il Guercino" - Sibilla Samia
 
 

 

 

mercoledì 11 dicembre 2013

Mentre trascorre il giorno



Ore indolenti e cose che attendono
Mute che io presti loro ascolto
Intanto si tende l’arco del giorno
E mentre mi disfo di gravami d’anima
Genero luoghi nuovi a presenze
Che parlano di vite vissute
Senza perfezione, spazio
Per l’accadere dell’Altro.
 
 
 Jan Vermeer - Donna che legge una lettera accanto a una finestra
 
 
 
 


lunedì 9 dicembre 2013

Oblio

... l'amante desiderato, colui per cui ci struggiamo, non è che la vita stessa...

All'Amore della mia vita e a coloro che ama

…seal the hushed casket of my soul.
(John Keats)
 


Vorrei dissolvermi in lacrime,

in petali di fiori, in cristalli

di lucente splendore che feriscono

l’anima di bellezza.

Vorrei che svanisse ogni traccia

di ricordi fugaci, di sguardi

perduti, di amori non detti,

di melodie inespresse.

Vorrei che la solerte coscienza

prendesse il suo riposo

sdraiata su una coltre d’oblio

come un amante appagato.

Terracina, 3 novembre 2011


 

Giacomo Malfanti - Nevicata

 
Arvo Pärt - Fur Alina

domenica 1 dicembre 2013

Sulla risacca del senso


Sinuoso il movimento delle fronde
 
che il vento ignaro ondeggia

nell’aria grigia al mattino 

lambisce all’inizio del giorno

pensieri e domande che stanno

sulla risacca del senso.

E nel respiro che si fa pensiero,

e nel pensiero che alita il respiro,

appaiono e scompaiono visioni

di trascurabili eventi cari al cuore.

E so che ora è pace.
 
Henri de Toulouse - Lautrec - Donna alla finestra


 
 
 

giovedì 21 novembre 2013

Incontri

La tela di Aracne.

La mano tiene su la coperta. È una mano ossuta, lunga, un po’ grande per il corpo, piuttosto magro, rannicchiato sul letto. Lo sguardo rabbuiato si illumina quando entriamo: è la prima volta che mi vede e mi dice subito che sono bella. Sorrido e sminuisco con ovvio imbarazzo. Anche lei è bella. Ha il volto cesellato con la perfezione di un  diamante, grandi occhi di un castano dorato dal taglio allungato che risaltano sugli zigomi e un disegno di labbra tracciato con maestria dalla natura stessa.  Si mette a sedere, ma il corpo, ritirato in sé, tradisce la presenza del dolore. È contenta che siamo andati a trovarla e posa su di lui uno sguardo amorevole e orgoglioso. Esprime chiaramente la sua approvazione per le sue scelte, e lui mi stringe a sé con tenerezza.  Mi sento rassicurata.  Non è facile essere lì. Lei inizia a parlare di lui, a commentare il suo comportamento, i suoi atteggiamenti. Ad un certo punto scopro che le sto prestando ascolto non soltanto per cortesia: la seguo nel linguaggio forbito, nella precisione dei vocaboli, nella capacità di ritrarre le persone con poche pennellate che ne delineano le caratteristiche salienti. Le sue parole mi hanno catturato e davanti ai miei occhi si svolgono le scene che descrive con accattivante abilità narrativa. E mi sto divertendo. So molte cose di lei, del suo dolore presente e di una vita segnata da tempi lontani, di incomprensioni vomitate fuori di sé e rifluite nella piega amara delle labbra, ma ora sono davanti a una donna che narra, una donna che ricrea il suo vissuto e crea per me nuovi scenari. Fino allo scorso anno ha creato oggetti di pregio con l’abilità di quelle mani ossute e un po’ grandi su cui ora è intento il mio sguardo.

Artemisia Gentileschi - Autoritratto come Allegoria della Pittura
 

giovedì 14 novembre 2013

Distacco

Un giorno d'inverno dello scorso anno ho riversato nel mare al tramonto lo struggimento per ciò che era stato un tempo: io non volevo ricordare nulla, solo ancorarmi alla malinconia ripetuta del distacco...
I giorni uggiosi di novembre rievocano la presenza e la necessità del distacco, per me  moto essenziale della poesia che conversa in dialogo profondo con l'intimità dell'immedesimazione...
 
 
Tramonto d'inverno sul lungomare di Terracina


Cosa sto cercando,

così, ancorata al distacco?

Guardo, oltre la balaustra,

l’orizzonte che si compie da solo

nell’umida sera recando echi di schiume

lontane, veli di pensieri che si levano

ed annebbiano le parole che lente,

incuranti, rispondono: 

“Va bene, fermiamoci qui.”

Ci sediamo, ma l’anima è rimasta in piedi

e abita nell’assenza.

 

Terracina, 26 dicembre 2012



 

 
 Benjamin Britten - Four Sea Interludes - Cincinnati Symphony Orchestra - Paavo Järvi

 

domenica 10 novembre 2013

Novembre


Minute  sui vetri le gocce di pioggia

ammaliano a  nebbie indistinte

che allacciano al cuore

i tuoi occhi e i tuoi passi.

E l’anima si profonde alla distanza.

Tenacia di fili d’erba

tra interstizi di mura,

che reggono peso rotondo

di pioggia.
 
 
 
 
immagine dal web
 
  

mercoledì 16 ottobre 2013

Di questi giorni

 

Edward Hopper - Nighthawks
 
E torna l’inquietudine
Che avevo da bambina
Quella tristezza lenta
Che  mi tolgo di dosso
Come una muta d’ore
Lasciate cadere a terra
Vuoto di parole e margini
Di fogli e marciapiedi
Un contenere d’anima
Di grigio asfalto. 
_______
E andare.


 

lunedì 14 ottobre 2013

Poiché abbiamo bisogno di silenzio... Altre considerazioni sulla stanchezza.



Riprendo, dopo alcuni giorni di assenza il discorso sulla stanchezza, quanto mai attuale, con un salto rispetto all'articolo pubblicato sul blog di Filosofi per caso . Questa scelta è motivata da una sensazione di incongruenza che viene a crearsi tra i pensieri e le sensazioni che richiedono un loro tempo di rielaborazione e  le esigenze pressanti del quotidiano. Il ritornello più sentito è “Non abbiamo tempo”.
Sì, non abbiamo tempo, dobbiamo produrre e, sottoposti a questo imperativo, reifichiamo ogni cosa. Anche le parole diventano comportamento e perdono il loro valore di simbolo e, con esso,  la capacità di stabilire legami orizzontali e verticali, ma soprattutto  la virtù creatrice che sta in ogni narrazione del mondo.

Presi nella rete - Persi nella rete.
La frequenza e l’incremento di parole e discorsi sovraccaricano  la rete, sviluppano miliardi di sinapsi e propagano sistemi in cui ognuno di noi si trova irretito, esperendo, al di là della superficiale ebbrezza per la illusoria percezione di  una amplificazione delle possibilità di azione,  una difficoltà crescente di riconoscimento e determinazione della propria identità e del proprio ruolo, che proprio nell’azione acquisiscono riconoscibilità.
Nella rete facciamo esperienza di uno snervamento, un logoramento  che ci intrappola e ci disorienta: siamo per natura sollecitati a rispondere, ma si insinua in noi una percezione di inefficacia, al meglio di blanda inutilità. L’insoddisfazione può condurci alla resa: ad una indifferenza  che ci protegge dalla percezione di essere vani e sostituibili nella pletora di voci che quotidianamente esibiscono le loro verità nella rete. Essa può altresì provocare l’insorgere di un intorpidimento della coscienza, che ci alletta a gratificare la morale con poco sforzo. La stanchezza,  allora, si riflette anche nei linguaggi, si manifesta nella banalizzazione dei termini e  nella ripetitività dei discorsi, e, nel limitato novero di azioni possibili nella rete, si riproduce in atti che diffondono contenuti in maniera meccanica, con la possibilità di sottrarci alla fatica della conoscenza e all’approccio critico.
La capacità di riflettere e di adottare un atteggiamento critico esiste e trova modo di manifestarsi, ma lotta contro la ridondanza di un pensiero mediocre, qualificato da una sorta di inabilità a proseguire oltre la superficie delle cose. La ricerca spasmodica della soddisfazione edonistica  rende  ipertrofica la necessità di soddisfare vari tipi di bisogni al di là di quanto sia naturale ed equilibrato: ci troviamo immersi in pressanti sollecitazioni al cambiamento, che ci lusingano promettendoci soddisfazioni inarrivabili e risultati efficaci di azioni e comportamenti efficienti.  In realtà ciò che si produce sono solo nuove stanchezze, generate per incongruenza con le nostre reali aspirazioni e per la forzatura che consegue all’operare senza aver potuto dedicare tempo alla scelta.
La scelta è, credo,  la chiave che ci può consentire di liberarci di queste nuove stanchezze, che sviliscono la nostra vocazione di esseri  umani chiamati a tendere ad una espressione compiuta del sé.
Se alcune delle stanchezze su cui si sofferma Handke nel suo saggio appaiono desiderabili, è perché esse rappresentano l’approdo di una coscienza creatrice purificata in cui

“… il mondo, in silenzio, assolutamente senza parole, si racconta da sé, a me come al vicino spettatore dai capelli grigi lì, alla splendida donna che passa ancheggiando là; tutto il pacifico accadere era al contempo già racconto… “[1]


 Allegoria del silenzio nel chiostro del monastero di Santa Chiara a Napoli
Poiché abbiamo bisogno di silenzio...  Arvo Pärt - Tabula rasa




[1] Peter Hanke, Saggio sulla stanchezza, Garzanti, 2000, pag. 38

sabato 5 ottobre 2013

Nei primi grigiori d'autunno


La giornata è uggiosa, la mia finestra incornicia un Monte Leano insolitamente verde, gravato da nuvole basse che tentano di scenderne i pendii. La luce attenuata mi permette di distinguere strade di campagna, prati, oliveti, abitazioni, rocce, vigneti…  i particolari che vedo mi  fanno percepire la tangibilità del monte più concretamente del solito.
Giro il mio sguardo agli oggetti di casa e mi rendo conto di quanto siano presenti: la caffettiera sul tavolo, la tazzina ormai vuota, libri, acquerelli, incisioni, foto e minutaglie un po’ troppo stretti sul ripiano del mobile retrostante.
Quasi nessun rumore dalla piazza su cui affacciano le mie finestre, tranne il suono di una campana. E ora dei passeri che trillano. Il piccolo borgo potrebbe essere una descrizione nella pagina di un libro, l’ambientazione scelta da un autore; potrebbe ridursi a linee in bianco e nero nella scenografia di un fumetto.
Esserci e non esserci, vicino e lontano, tangibile e irraggiungibile. Presenze e mancanze. Su uquesto restiamo in equilibrio nei primi grigiori d’autunno.
 
 Vincent Van Gogh - Stanza di Arles


Vincent Van Gogh - Viale dei pioppi in autunno
 
 
Riprenderò nei prossimi giorni a parlare di stanchezze , nuove, brucianti o d'elezione che siano...

giovedì 3 ottobre 2013

Stanchezze brucianti

Con il paragrafo che segue, reso leggibile come estratto, continua il discorso sulla stanchezza avviato con la pubblicazione di Sisifo e proseguito con Sisifo e noi . Come detto, chi volesse leggere per intero il mio scritto lo trova sul blog di filosofi per caso  che ringrazio per la pubblicazione.

Incandescenze e corto circuiti.

[...] Byung-Chul Han, adottando il paradigma neuronale per spiegare le disfunzioni della società odierna, ci definisce La società della stanchezza[1]. Le stanchezze nervose, i corto circuiti mentali ed emotivi, marcano l’odierna condizione umana.
Che il paradigma usato da Byung-Chul Han renda conto di un cambiamento epocale ce ne avvediamo ritornando a leggere Handke. L’autore austriaco esprime il suo biasimo per coloro che procedono eternamente arzilli e per la loro progenie, “… i quali stanno già provvedendo a addestrare a pattuglie d’esplorazione anche i nipoti…”[2] . A costoro manca la stanchezza che accomuna chi condivide le fatiche e i frutti di un lavoro utile, del  lavoro manuale e ben coordinato dei contadini durante la trebbiatura, o delle squadre di carpentieri che costruiscono tetti.
È facile associare gli “inveterati (sic) criminali” agli yuppies  e alle schiere dei loro discepoli, ma gli eccessi a cui si sono, dapprima volontariamente e poi forzosamente, sottoposti hanno cambiato la polarizzazione della loro condizione socio- lavorativa, se non quella della percezione del sé. Situati all’incrocio tra aspirazioni edonistiche e  distorsioni dell’imperativo kantiano, costoro hanno iniziato procedendo solerti e zelanti verso l’incremento della produzione e la loro incandescente soddisfazione, ma hanno finito per andare incontro al corto circuito, che deflagra in un istante le fiamme in cui bruciano le loro facoltà intellettive ed emotive da lungo tempo arroventate. Il rischio è diventare prede di apatie derivate da una stanchezza indicibile, apatie che devono essere taciute pena la stigmatizzazione sociale e l’attacco di altri predatori.

Van Gogh - Il meriggio
Arvo Pärt - Tabula rasa




[1] Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, 2012
[2] Op. cit. pag. 22

lunedì 30 settembre 2013

Sisifo e noi

Come Sisifo tutti noi viviamo prigionieri di ripetizioni che se da una parte ci sfibrano, dall'altra ci qualificano. Il tipo di stanchezza che ci portiamo sulle spalle o che traspare dai nostri occhi può essere il segno di appartenenza a un gruppo ma, sempre più spesso, è solo nostro.
Di nuove stanchezze ho parlato in un breve scritto pubblicato sul blog di filosofi per caso al quale rimando chi volesse leggere per intero l'articolo. I paragrafi che pubblicherò in questo blog potranno essere occasione di ulteriori riflessioni. 

Condanna e seduzione.
 
La condanna del  genere umano alla stanchezza è narrata nei miti, che siano quello di Sisifo[1] o quello della cacciata dall’Eden[2],  ed essa viene generalmente percepita come portato inevitabile del vivere. Nel corso dei secoli e dei millenni  l’uomo si è riferito a questa esperienza delineando, a seconda delle cause per cui viene esperita, confini che hanno separato e separano i gruppi umani, e l’ha connotata di richiami emotivi e significati psicologici, fino a sperimentarne la seduzione. 

La stanchezza è un filtro che modifica le nostre esperienze:  portata ai limiti della sostenibilità, nelle sue varie declinazioni, può avere le ripercussioni più diverse. Handke nel suo Saggio sulla stanchezza[3] ci fa partecipi di immagini che la ritraggono nelle sue varie funzioni:  dal renderci monadi chiuse in sé, prigioniere in un orizzonte di routine in cui si svilisce ogni desiderio di cambiamento e di partecipazione alla vita in qualunque sua forma, fino all’abbandono del sé, per raggiungere l’unità con l’altro e con il mondo e l’epifania dell’epos del mondo.


Una stanchezza che inizia con una esclusione...
 
 
Jacopo Piccini; Sacchis Giovanni Antonio de detto Pordenone

Gustave Dorè - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre
 
Nicolas Chapron - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Eden
 
...  e una condanna alla ripetizione
 
Guercino - Sisyphus



[1] Sisifo viene punito da Zeus per aver osato sfidare gli dei con la sua sagacia. Egli dovrà spingere un masso dalla base alla cima di un monte, ma, una volta raggiunta la vetta, il masso rotolerà giù costringendolo a una eterna ripetizione di questa vana e inane fatica.
[2] Adamo ed Eva vengono cacciati dall’Eden per aver disobbedito a Dio: essi, sedotti dal Demonio, hanno mangiato il frutto proibito che, a detta di costui, li avrebbe resi simili a Dio consentendo loro di accedere alla conoscenza.
[3] Edizione consultata: Peter Handke, Saggio sulla stanchezza, Garzanti – Gli elefanti, 2000, traduzione di Emilio Picco, postfazione di Rolando Zorzi.



giovedì 26 settembre 2013

Tutto e ogni singola cosa.


A decantare questo succo di fibre d’anima
si depositerebbero sul fondo residui
di dolori e potrei raggiungere
l’ebbrezza
con nettare di sogni
e di visioni,
trovare anch’io il mio Lete
e perdermi nell’oblio,
ma poi vuoterei il bicchiere fino alla feccia,
ché non ti saprei Amore se non prendessi
tutto e ogni singola cosa  di te.

Roma,  21 luglio 2013



Chopin, Nocturne op. 27 n.2, Martha Argerich

giovedì 19 settembre 2013

Nuove stanchezze. Il segno diverso dell’esperienza.


Avevo scritto i versi  a seguire più di un anno fa, quando la stanchezza era, da tempo,  assidua e incompresa compagna delle mie giornate. Ora, nei mutamenti che si sono susseguiti negli ultimi anni – dapprima giorni, poi mesi e poi anni senza che me ne avvedessi -  spossatezza e sfinimento si sono ricomposti in nuove forme della mia esperienza e hanno aperto varchi profondi e inconsueti che corredano gli eventi  di significati inattesi.

Sisifo.

Noi, Sisifo assorto in trasporti di pietre 
meditiamo
dolore
e ritardiamo l’Incontro.
Spostiamo macerie
che franano sull’io
sulle membra  consunte,
sull’anima dissolta. Assorta
fatica s’attiene
al rovinare del tempo,
al diroccare del senso.
Noi, Sisifo assorto
meditiamo
dolore
stanchezza che plasma il senso,
surrogato di pensiero,
barricata all’Incontro.


Terracina, 26 agosto 2012


Bartolomeo Pinelli - Tormento di Sisifo all'Inferno

domenica 15 settembre 2013

Mutamenti ed evasioni


Nel silenzio, dietro gli scrosci di pioggia, si aprono luoghi dell’essere raramente frequentati. Accettando di attraversare queste regioni possiamo accogliere sensazioni che ci parlano dei nostri mutamenti: scopriamo che niente è scontato e niente è fermo.
Non sentiamo più nostre le visioni proposte e, talora, imposte e vorremmo liberarcene, ma dobbiamo correre il rischio di uscire dai paradigmi che fanno da modello al nostro rapporto con gli altri e con il mondo.
E se la conseguenza è lo spaesamento, il vuoto in cui ci sembra di cadere, trascinati giù da vari e diversi gradi d’angoscia, è solo con una scelta d’amore che possiamo risalire. Amore come capacità di creare legami di reciproco riconoscimento e di attribuire significato all’Altro.

Tiziano - Amor sacro e Amor profano
 
Evasioni.
Intanto dipano sensi e sciolgo
fibre aderenti ai morsi,
che sotterranei emergono
a illividire sogni e
visioni; scavalco fatiche
che s’attardano sui polsi
e scuoto architetture, prigioni
opache  al vero, da cui  esangue
evade l’umano anelito
verso terre di Altre Appartenenze.
 

giovedì 12 settembre 2013

Ciò che il cuore conosce oggi


Ciò che il cuore conosce oggi, la ragione
comprenderà domani
(Seneca)
 

Van Gogh - Notte stellata sul Rodano
 
Vorrei che la vita
Mi venisse addosso
Che mi investisse
Come un’ondata

Vorrei che la vita
Mi inventasse
Letti di stelle
E sassi aguzzi

Strade da percorrere
E deserti d’ombra
Lune sui pozzi.
E stare.
 
 

domenica 8 settembre 2013

Settembre


A settembre vivo sospesa.
Passo in rassegna tutti gli impegni che mi aspettano: quelli più lontani si intrecciano con quelli più vicini, anche con quelli a cui dovrei immediatamente rispondere, ma io poso su tutto uno sguardo distaccato. L’affanno richiesto toglie il gusto del vero, intrappola in labirinti da cui non riusciamo a levarci, senza la ferma volontà di un colpo d’ala, per lasciarci sorprendere dall’inatteso.
Contemplazione è la parola giusta: la capacità di andare oltre, perché guardando ciò che ho davanti al mio occhio sensibile, e a quello della mia interiorità, lo trascendo e mi immergo in nuove verità.
E così mi riprendo la libertà dell’inizio e mi lascio sorprendere.

 
Nella notte c'è sempre un inizio.
(mia sorella me lo ricorda e dimostra)
 

giovedì 5 settembre 2013

Il tempo dell'anima


L’anima costruisce monumenti
con briciole di pane,
cammina su tele argentee di ragno.
In un tempo senza ore, né giorni
tesse trame di seta
E annoda dolori
Che l’hanno scalfita,
più spesso ferita,
o anche dilaniata.

_________
In un tempo sospeso sull’essere

l’anima accorda il suo suono.
 

Terracina, 23 settembre 2012


Arvo Pärt: Silentium